Introduzione
La Bovina da latte nella zona del Parmigiano Reggiana: innovazione e tradizione per un allevamento sostenibile con prodotti di qualità.
Una premessa è necessaria per contestualizzare questo progetto di innovazione, per farne conoscere il suo background o meglio “il complesso di fatti e di circostanze che ne fanno da sfondo e per cercare di spiegarne il perché e la sua origine”.
L’allevamento della bovina da latte, nel comprensorio del Formaggio Parmigiano Reggiano, negli ultimi 50 anni, ha avuto una profonda evoluzione.
Dalla razza Reggiana e Olandese si è passati al ceppo Canadese e Americano, tramite una selezione spinta che ha permesso di ottenere animali di grossa taglia con caratteristiche morfologiche idonee alla meccanizzazione degli allevamenti, in particolare: mammelle perfette per l’uso di impianti di mungitura di elevata tecnologia e con elevate produzioni.
Da produzioni medie di 35/40 q di latte per capo, degli anni 70, si è passati a produzioni pro capite di oltre 90/100q negli anni 2.000.
Latte che ha mantenuto caratteristiche idonee alla caseificazione in quanto i criteri selettivi hanno tenuto conto del contenuto in grasso e caseina del latte e hanno anche interessato le caseine più idonee alla caseificazione.
Da una alimentazione basata principalmente su produzioni aziendali (erba e fieno integrati da un po’ di mangimi concentrati) si è passati ad una alimentazione completamente opposta dove la produzione aziendale , erba e fieno, costituiscono una parte quasi residuale della razione, formata prevalentemente da mangimi concentrati di provenienza extra aziendali anche per oltre Il 50%.
Vorrei Aprire una parentesi:
Estremizzando questo dato: si potrebbe dire, nel pieno rispetto del Disciplinare di produzione del FPR, che oltre il 60 % degli alimenti costituenti la razione della bovina da latte potrebbero avere provenienza estera!!
Ricordo che importiamo il 50% del mais e l’80% della soia utilizzata nei mangimi per animali, circa l’80% di questi prodotti importati derivano da Organismi Geneticamente Modificati.
La filiera di un formaggio DOP che non controlla il 50/60% dei prodotti usati nell’alimentazione degli animali che producono il latte può essere estremamente vulnerabile!!!
Sottolineo anche questa contraddizione: all’ingresso del territorio di molti Comuni della Provincia di RE si legge: “Territorio libero da Organismi Geneticamente Modificati” quando quotidianamente automezzi di ditte mangimistiche lo percorrono per portare alle aziende zootecniche del Comune mangimi contenenti OGM.
Chiudo la parentesi , riprendo il tema
La carriera dell’animale dagli 8/10 anni di vita degli anni 70 con 6/ 7 parti si è ridotta ai 4 /5 anni di vita con poco più di due parti.
L’aspetto morfologico dell’animale sia in lattazione che a fine carriera era caratterizzato da buone masse muscolari che permettevano, in fase di macellazione, un reddito complementare.
Attualmente la bovina, negli allevamenti intensivi, si presenta estremamente magra sia in fase di lattazione che in asciutta e a fine della sua breve carriera il reddito derivato dalla macellazione è estremamente ridotto.
Anche razioni alimentari così spinte (basate su cereali e soia) non sono in grado di sostenere queste produzioni elevate, l’animale deperisce, le prospettive di vita diminuiscono e nello stesso tempo si ricorre sempre di più all’impiego di medicinali.
Inoltre, alla ricerca di sempre più elevate prestazioni produttive, con l’impiego anche di mangimi che bypassano il rumine, si cerca di trasformare questi animali poligastrici in monogastrici, alterando così in maniera innaturale le caratteristiche dell’animale.
Animali che proprio per le loro caratteristiche naturali hanno la capacità di trarre energia dall’utilizzo di foraggi ricchi di fibra.
Questa evoluzione degli allevamenti bovini da latte apre la strada a più riflessione sia di ordine etico che ambientale.
L’uso massiccio di cereali e di semi proteici per la produzione di latte e carne, con grande perdita energetica nella trasformazione, porta a fare riflessioni sulla carenza di alimenti per uso umano,
alle problematiche della fame nel mondo, e nello stesso tempo, l’elevato numero degli animali da rimonta necessario per mantenere il n° delle vacche in lattazione, va in contrasto con
le problematiche ambientali come il riscaldamento globale del pianeta,
il consumo del suolo per allevamenti sempre più di maggiori dimensioni per contenere il maggior numero di animali necessari per la rimonta.
Con Luigi Tamburini , già responsabile del settore agricolo della Lega Coop e Presidente di Lattemilia, si discuteva di queste problematiche e ricordavamo i lontani tempi in cui da giovane tecnico era entrato a far parte del mondo Cooperativo , con l’incarico di tecnico di una stalla sociale.
Negli anni 70 la zootecnia bovina, nella nostra provincia , era caratterizzata da allevamenti famigliari con 10- 20 vacche a stabulazione fissa.
Anche gli allevamenti zootecnici nelle cooperative agricole bracciantili, nate per dare occupazione ai numerosi braccianti nel primo dopoguerra , seppur di maggiori dimensione, erano a stabulazione fissa e condotti con metodi tradizionali.
La realizzazione delle stalle sociali apre il mondo zootecnico provinciale al nuovo.
Si addotta la stabulazione libera su lettiera permanente con ampi paddok esterni, con stalle per 100 -200 capi in lattazione più la rimonta.
Il sapere contadino non era più sufficiente per la loro gestione.
Di qui l’esigenza dell’inserimento di giovani tecnici aperti all’innovazione, in un mondo contadino che vedeva il tecnico non come una risorsa ma come un corpo estraneo alla sua cultura.
Luigi Tamburini fu uno di questi giovani tecnici, che inserito in una stalla sociale , doveva lavorare quotidianamente per vincere la diffidenza dei soci e riuscire ad apportare nell’allevamento le tecniche nuove.
Ricordo le difficoltà all’introduzione della fecondazione artificiale, i soci erano legati al toro aziendale e non capivano il perché della FA, i momenti di sconforto di questi giovani tecnici catapultati dalla scuola in un mondo quasi ostile.
Luigi Tamburini riuscì a sopravvivere e diventò un punto di riferimento nella cooperazione agricola.
Poi i viaggi negli Stati Uniti e in Canada per visitare gli allevamenti bovini, per conoscere le tecniche di allevamento, per studiare i criteri di razionamento, l’acquisto di manze e manzette in Canada , selezionate da nostri esperti presso i migliori allevamenti canadesi e trasportate in Italia (Milano Malpensa con voli cargo, contribuirono in grossa parte al rinnovamento della nostra zootecnia provinciale.
Negli ultimi anni, nel ricordare con Luigi Tamburini i tempi passati e i risultati ottenuti, guardavamo con sconcerto a questa evoluzione degli allevamenti bovini da latte , anche nella zona del Parmigiano Reggiano, dove la vacca da latte è stata trasformata in uno strumento tecnologico con l’unico scopo di massimizzare la produzione lattea senza prendere in considerazione altri fattori legati al benessere animale.
Non sto ipotizzando il ritorno ai tempi passati, quando nelle stalle c’era l’immagine di Sant’Antonio e in ogni posta una lavagnetta ricordava il nome dell’animale: Bionda- Bruna- Mora – Valentina o quando bambino di 10/12 anni passavo le vacanze estive a Collagna dai miei zii e con mia cugina Antonia portavamo le vacche al pascolo in piccoli appezzamenti di terreno, identificati con nomi derivati dalla forma , dalla flora dominante, dalla loro posizione come : Costapennacci- Braietta-Lamelunghe, La Vigna , il Cornialedo. Le vacche raggiungevano il pascolo, accompagnate dai giovani pastori, anche dopo un ora di cammino per sentieri accidentati nei quali gli animali, per evitare i sassi , avevano costituito la loro pista cercando il terreno più morbido. All’ora stabilita , anche senza lo stimolo dei loro pastori, sapevano rintracciare la via di casa e rientravano alla loro stalla anche senza i loro guardiani attardatesi nei loro giochi!
Questo mondo è passato!
Dall’insieme di queste considerazioni e per cercare di contribuire a creare le premesse per un nuovo allevamento bovino più sostenibile, più rispettoso del benessere animale e dell’ambiente, con Luigi Tamburini, abbiamo costituito questo Gruppo operativo per l’innovazione “ Lattemilia” finalizzato alla promozione di una zootecnia bovina da latte sostenibile e con giustificabilità sociale, ottimizzando l’alimentazione e la gestione dell’allevamento, sviluppando nuovi prodotti dietetici e salutistici.
Oggi , con le relazioni che seguiranno, presentiamo i risultati ottenuti da questo progetto che è stato titolato
“La bovina da latte nella zona del Parmigiano Reggiano: innovazione e tradizione per un allevamento sostenibile e per prodotti di qualità”
Doveva essere Luigi Tamburini a presentare le conclusioni di questo progetto ma non è stato possibile, le presentiamo a sua memoria.
Pierfrancesco Antonini - Dottore Agronomo - Studio Foqus.